La dura lotta col covid-19

Ce l’ho fatta

Cinquantadue anni e un fisico possente quello mostrato in fotografia da Massimo Marnati. E’ alto un metro e novanta e nella battaglia contro il virus ha perduto 20 kg.

Quando è stato trovato positivo, ha fatto la TAC e il primario dell’Ospedale di Busto Arsizio, Paolo Ghiringhelli, gli ha detto: ”La situazione è grave, adesso ti addormentiamo con la speranza che ti risvegli”. Ha trascorso tre settimane intubato e da due è in terapia intensiva. Nella nostra conversazione telefonica parla con fatica.

Chiedo a che cosa pensasse durante il ricovero. “Alla mia famiglia in primo luogo, a mia moglie, Mary, a Eugenio, Edoardo ed Ettore, i miei tre figli, Pensavo anche spesso all’eventualità di non farcela. Ho poi saputo che su 100 ricoverati in condizioni simili alle mie, 73 sono deceduti”.
Mostra grande riconoscenza per medici, infermiere e personale sanitario. “Sono stati stupendi, degli angeli. C’è stata un’infermiera, soprannominata Fiorellino, che si fermava la sera dopo aver concluso il proprio turno di lavoro e dava notizie per telefono alla mia famiglia che era in quarantena. Io non potevo parlare ma sentivo tutto. Inoltre alcuni amici si sono prodigati per far pervenire ai miei il necessario e dire loro le novità. I miei due soci Marco Falanti e Alberto Stefani hanno mandato avanti l’agenzia. Andrea PollicinoElena Michelizza e Francesco Cardinali si informavano quotidianamente sulle mie condizioni”.

Chiedo che cosa ha provato quando i medici l’hanno staccato dal respiratore dicendogli che era in via di guarigione. “ Non me l’hanno detto perché non ero per niente in via di guarigione. Hanno invece dichiarato di sperare che la situazione tenesse altrimenti bisognava ricorrere alla tracheotomia. E saremo stati a un passo dalla fine”.

Ha saputo che c’è stata una reazione straordinaria della popolazione con una grande solidarietà fra le persone, l’inno nazionale cantato in coro sui balconi, la diffusione di parole d’ordine come Tutto andrà bene e Insieme ce la faremo?

“Sì ma va detto che abbiamo sottovalutato la situazione perché ci sono state comunicate informazioni non corrette. Poi c’è stata una grande, nobile reazione di medici infermieri e personale sanitario, che è stata esemplare e in sintonia con quella della stragrande maggioranza della popolazione”.

Chiedo se è corretto affermare che gli assicuratori “sono in prima linea perché, oltre a difendere come tutti la propria vita, sono altresì impegnati a salvaguardare la vita e i beni degli assicurati. Alla luce di quanto è accaduto con il dilagare della pandemia, secondo lei c’è anche un valore etico nella vostra attività”?

“Sicuramente, quando si manifesta un pericolo l’assicuratore è vicino alle persone, tiene aperti gli uffici, raddoppia la diaria come ha fatto SARA e la estende alla convalescenza. La nostra è una Compagnia umana e sensibile”.

Progetti per il futuro?

“Riprendermi al 100 per 100 anche se sono già parzialmente operativo. Una esperienza drammatica come quella che ho vissuto fa apprezzare la vita , le gioie della famiglia e le soddisfazioni che può dare la professione di assicuratore e il fatto di fare parte di una Compagnia a misura d’uomo come la Sara”.

Intervista di Carlo Luna pubblicata su viapo20.it il 12 maggio 2020